Il Conduttore può agire direttamente contro l’Occupante Abusivo

Il conduttore che, concluso il contratto di locazione, non ha conseguito la materiale disponibilità del bene poiché, già prima della conclusione del contratto, l’immobile era stato occupato abusivamente da un terzo, ha azione diretta contro il terzo occupante senza titolo al fine di ottenere la restituzione della cosa locata.


Infatti, nel caso in cui l’attuazione del rapporto di locazione sia impedita dal fatto illecito di un terzo, che abbia abusivamente occupato l’immobile, è applicabile per analogia l’art. 1585 c.c., comma 2, il quale ha, la medesima finalità di attribuire al conduttore un rimedio idoneo alla attuazione del suo diritto.


Tale principio è stato recentemente ribadito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 1036/2019, la quale ha, appunto stabilito che l’art. 1585 c.c., comma 2, il quale attribuisce al conduttore la legittimazione ad agire contro i terzi che arrechino molestie concernenti il godimento dell’immobile, è analogicamente applicabile ai casi in cui il fatto illecito del terzo, che occupi abusivamente l’immobile concesso in locazione, impedisca l’attuazione di tale rapporto, con la conseguenza, che il conduttore può agire direttamente contro l’autore dell’illecito per ottenere la disponibilità del bene e/o per il risarcimento del danno.


Nel ribadire tale principio, la Corte di Cassazione ha richiamato una propria pronuncia più datata, la sentenza n. 1411/1996, la quale aveva approfonditamente affrontato la questione. 

Era successo, infatti, che l’assegnatario, in forza del provvedimento dell’Istituto Autonomo Case Popolari, di un alloggio, abusivamente occupato da altra persona, conveniva quest’ultima in giudizio per ottenere il rilascio dell’immobile.

Il pretore adito, con sentenza del 9 marzo 1989, accoglieva la domanda; e tale pronuncia veniva confermata dal Tribunale di Napoli che, con sentenza in data 17 novembre 1990, rigettava l’appello proposto dall’occupante, osservando: che l’assegnatario aveva prodotto il contratto di locazione stipulato con l’I.A.C.P., mentre l’occupante non aveva “allegato alcun contratto di assegnazione o locazione né decreto di requisizione”; i documenti esibiti erano assolutamente inidonei a dimostrare l’esistenza di un atto concessorio, considerato anche che la volontà di un ente pubblico si esprime necessariamente per iscritto; – che, di conseguenza, l’appellante non aveva titolo giustificativo della detenzione dell’alloggio, perciò abusivamente occupato; che l’assegnatario era legittimato all’esercizio dell’azione proposta, poiché “il locatario può da solo far valere il suo diritto contro terzi: il locatore è tenuto a garantirlo, ma non è titolare esclusivo dell’azione contro terzi che impediscono o limitano il diritto proprio del locatario. 

La Suprema Corte, adita dall’occupante dell’alloggio, ha, quindi, avuto modo di approfondire il tema e di affermare i seguenti importantissimi principi:

  • Poiché il ricorrente era un occupante sine titulo, non ricorre l’ipotesi di cui all’art. 1585, primo comma, c.c., non configurandosi nel comportamento dello stesso una molestia di diritto. 
  • Contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, non è direttamente applicabile, poi, neppure il secondo comma dello stesso art. 1585 c.c., che riguarda ugualmente la garanzia cui è tenuto il locatore a tutela della situazione di godimento (già) conseguita dal conduttore. 
  • La predetta norma esclude la garanzia nelle fattispecie in cui l’attuazione del godimento, oggetto dell’obbligazione del locatore, venga impedita, ostacolata o modificata dal comportamento di fatto di altri soggetti, cioè da cause che sono a lui estranee e delle quali non deve rispondere; e in questi casi riconosce allo stesso conduttore la legittimazione a respingere le molestie, in modo da ottenere direttamente il ripristino del diritto leso (la disposizione risulterebbe inutilmente scritta se non avesse questo significato e facesse riferimento alle sole azioni già spettanti a qualsiasi detentore).
  • Il principio è tuttavia applicabile in via analogica alle vicende in esame, nelle quali l’attuazione del rapporto di locazione è ugualmente impedita dal fatto illecito di un terzo, del quale non deve rispondere il locatore-debitore, per modo che la tutela del diritto violato è necessariamente affidata al conduttore; e si riscontrano perciò, rispetto alla fattispecie direttamente regolata dal secondo comma dell’art. 1585 c.c., l’affinità delle situazioni di fatto e, soprattutto, l’identità di ratio che giustifica l’analogia, cioè la finalità di attribuire al locatario un rimedio idoneo alla attuazione del suo diritto. 
  • In tema di diritti personali di godimento questa Corte ha più volte stabilito che il creditore-detentore di una cosa (locatario, comodatario, concessionario, ecc.) ha azione per il risarcimento dei danni nei confronti del terzo che con il proprio comportamento illecito gli abbia arrecato danno nell’uso o nel godimento della res
  • a questa conclusione è pervenuta o in base ai principi della responsabilità aquiliana o rinvenendo il fondamento della tutela nell’art. 1585, secondo comma, c.c., correttamente considerato specifica espressione dell’ordinaria responsabilità per fatto illecito e perciò ritenuto analogicamente applicabile alle vicende suddette;
  • Nelle fattispecie in questione, stante l’ingiusta lesione del credito del locatario, non è contestabile che al medesimo spetti, direttamente nei confronti dell’autore dell’illecito – cioè dell’occupante che continui a detenere sine titulo l’immobile, rifiutandosi di rilasciarlo – il diritto al risarcimento, ex art. 2043 c.c., dei danni derivanti dal mancato ottenimento del bene. Al riguardo, anzi, va, considerato che il risarcimento può essere chiesto anche in forma specifica, ai sensi dell’art. 2058 c.c., per ottenere una situazione materialmente corrispondente a quella che sarebbe sussistita se non fosse intervenuto il fatto che determina l’obbligazione risarcitoria; e applicando questo principio all’ipotesi in esame, tale forma di risarcimento dovrebbe essere diretta a realizzare la medesima situazione di detenzione dell’immobile in cui il conduttore si sarebbe trovato se non vi fosse stato l’illecito;
  • Ciò posto, poiché il secondo comma dell’art. 1585 c.c. è espressione dello stesso principio di tutela del locatario contro l’illecito aquiliano, non v’è ragione per negare che in base a tale disposizione una uguale tutela diretta del diritto di godimento, di carattere petitorio, debba essere riconosciuta a colui che non consegua il bene per fatto esclusivo del terzo, che ne impedisca la materiale consegna da parte del locatore;
  • Pertanto l’art. 1585 c.c., secondo comma, enuncia un principio che, sebbene testualmente riferito alle molestie di fatto concernenti il godimento dell’immobile (per le quali non vige la garanzia del locatore), si applica analogicamente anche nei casi in cui il fatto illecito del terzo, che occupi abusivamente l’immobile concesso in locazione, impedisca l’attuazione del rapporto; nelle quali ipotesi, quindi, il conduttore può agire direttamente contro l’autore dell’illecito per ottenere la disponibilità del bene e/o per il risarcimento del danno;

Nella specie, quindi, correttamente i giudici di merito hanno ritenuto irrilevante accertare se l’assegnatario dell’alloggio avesse già conseguito la detenzione del bene, perdendola successivamente, o – come sembra più verosimile – non fosse riuscito a conseguirla.